Vita da cuccioli
Per un orso la sopravvivenza al primo anno di vita dipende interamente dalla protezione e dagli insegnamenti della madre.
I primi istanti di vita di un cucciolo avvengono nel cuore dell’inverno, tra dicembre e febbraio, nella tana di svernamento.
Sebbene all’esterno le temperature possano essere particolarmente rigide, anche di 20 gradi sotto zero, i cuccioli godono di condizioni più confortevoli, grazie alla cavità bene isolata scelta dalla madre e al calore del suo corpo. Alla nascita, i cuccioli non pesano più di 350-500 grammi, ovvero un ventesimo della madre. Essi vengono al mondo ciechi, senza denti e glabri, ma nel giro di poche settimane si ricoprono di un morbido vello e possono raddoppiare di peso, grazie al nutriente latte della madre, particolarmente ricco di grassi. Ci sono molti fattori che possono incidere sull’esito di una gravidanza, tra questi, lo stato di salute della madre, il disturbo arrecato agli animali in tana o il corredo genetico della femmina. Si teme, infatti, che la bassa variabilità genetica dell’orso in Appennino possa contribuire a ridurre la fecondità delle femmine, provocando aborti o rendendo più fragili i nuovi nati.
Le giornate di osservazione si accumulano nella memoria: lunghe ore in attesa ripercorrendo con lo sguardo e con meticolosa insistenza ogni masso, ogni arbusto, i margini del bosco e i crinali. La luce scandiva il passare del tempo, modificando le sagome degli alberi e delle rocce. Il”ti..ti..ti” dei gheppi e i sassolini che rotolavano sotto gli zoccoli dei cervi mantenevano viva l’attenzione. All’alba, quando il torpore della notte lasciava il passo ai primi caldi raggi del sole, gli occhi si facevano deboli e stanchi. Nelle giornate molto fredde il corpo reclamava, non ascoltato, di muoversi. Settimana dopo settimana, le spalle si facevano piccole sotto il peso dello zaino e, giorno dopo giorno, le gambe si impigrivano nel raggiungere la stessa meta. E poi quella continua danza indecisa con la pioggia, il vento, i fulmini e la nebbia. Le attese, le fughe, i ripari. A volte ci si sentiva così estranei e a volte così parte del tutto. Ma poi si rimaneva li, si ritornava, si aspettava, perché le nubi sparivano, perché la luce si intrecciava con la nebbia, perché il tutto si quietava. Sempre in cerca di quel momento, di quell’istante, di quel battito accelerato, di quelle parole sussurrate nella testa. Mano sul binocolo, punto di riferimento, occhio al cannocchiale. Ore 19.30, femmina con due piccoli. Ogni volta è un’emozione profonda assistere all’emergere dei primi cuccioli di orso dell’anno: in questa piccola popolazione Appenninica ogni nascita rappresenta una speranza per il futuro.
Elisabetta
Una femmina e i suoi due piccoli emergono per la prima volta dalla tana a fine Maggio.
In genere, le femmine grasse partoriscono prima, producono più latte e riescono ad allattare più a lungo. I cuccioli nati da queste madri cresceranno più velocemente e, a pari età, raggiungeranno un peso maggiore e saranno quindi più resistenti di altri. Nel caso di femmine magre, invece, addirittura può non avvenire l’impianto del feto. Se invece si verifica un parto, queste femmine produrranno meno latte, e saranno costrette a ridurre intensità e durata dell’allattamento per tutti o alcuni dei piccoli, a scapito delle loro dimensioni. I cuccioli competono fin dalla nascita tra di loro per garantirsi la poppata migliore. I giovani cresciuti da soli, infatti, possono essere fino al 30% più pesanti di quelli cresciuti assieme a fratelli.
Questa femmina è stata osservata la prima volta nell’estate 2018 con tre cuccioli, di cui uno palesemente più piccolo degli altri. Nonostante la sua sopravvivenza sembrasse a rischio, il piccolo ha adottato la strategia di rimanere sempre a fianco della madre. La primavera successiva i giovani, seppure ancora di taglia diversa, erano tutti e tre in vita e al fianco della madre.
Sin dalle prime uscite esplorative, la giornata di un gruppo famigliare di orsi ruota intorno a poche, basilari attività: mangiare, spostarsi, riposare e, quando è possibile, giocare.
Negli orsi, la femmina è l’unica a dedicarsi alle cure parentali e i cuccioli passano i primi mesi ad osservare attentamente i comportamenti della loro maestra. Essa insegna loro cosa mangiare e dove trovarlo, come scegliere le zone di rifugio, le tane e come comportarsi con altri orsi o altri animali. Per questi animali, la vita non è fatta di solo istinto, ma si basa su un lungo, primo anno di formazione e apprendimento. Tra maggio e luglio, le famiglie trascorrono ore intere a piegare i rami degli alberi per mangiarne le prime foglie, a brucare o a rovistare sotto i sassi alla ricerca di insetti. All’inizio i cuccioli imitano i movimenti della madre, ma come in un gioco, fanno acrobazie sui rami e sollevano le pietre per farle rotolare. Col passare del tempo, però, associano il comportamento della madre al cibo e non si lasciano più sfuggire nessun boccone. Le femmine possono allattare i cuccioli anche fino alla primavera successiva alla loro nascita, ma di solito già dopo pochi mesi questi ultimi hanno iniziato a sperimentare i primi cibi solidi e in autunno sono completamente svezzati. Oltre a mangiare, i piccoli orsi giocano molto fra di loro e quando un cucciolo è solo, è la madre a dedicare più tempo a questa attività. Il gioco è una palestra di vita e la sua pratica è garanzia di sopravvivenza.
Due cuccioli iniziano le prime esplorazioni fuori dalla tana tra gioco, scoperta e imitazione dei comportamenti materni.
Mentre i cuccioli imparano giocando, le femmine trascorrono un intero anno a proteggerli con determinazione e coraggio. Età e esperienza della madre giocano un ruolo fondamentale per la sopravvivenza della cucciolata.
In genere le femmine primipare (ovvero quelle che hanno avuto cuccioli per la prima volta) o quelle molto anziane possono perdere di vista più facilmente qualche piccolo. I cuccioli vanno sempre tenuti sotto controllo, e, per distrazione o curiosità, c’è sempre qualcuno che rimane indietro, soprattutto nelle cucciolate numerose. A questo si aggiungono i tanti pericoli che le femmine devono affrontare ogni giorno, e per superarli occorrono esperienza, determinazione, costanza e forza. Le madri, infatti, quando escono allo scoperto insieme ai piccoli sono sempre molto caute. Se una madre si sposta essa richiama continuamente l’attenzione dei cuccioli con vocalizzazioni e quando uno di questi rimane indietro troppo a lungo, essa torna a recuperarlo. Talvolta, essa può lasciare in disparte i cuccioli e perlustrare una zona prima di radunare di nuovo la famiglia. Se si sente minacciata o viene separata da uno dei suoi cuccioli, per esempio nel caso di un attacco da parte di un altro orso o di un lupo, oppure se braccata da persone o veicoli, un’orsa può diventare estremamente aggressiva. In queste situazioni, essa è visibilmente combattuta tra la necessità di ritrovare i piccoli e quella di difenderli. Li cerca annusando il terreno come un segugio o alzandosi in piedi per fiutare l’aria. Si muove nervosamente in tutte le direzioni, dirigendo falsi attacchi verso il potenziale pericolo. E’ nel caso di un confronto violento con un orso maschio adulto che la femmina può perdere la vita. In Appennino, sono stati registrati due casi di femmine rinvenute morte durante la stagione riproduttiva, parzialmente mangiate e uccise probabilmente da un altro orso, con le mammelle che presentavano ancora residui di latte.
Il pomeriggio del 31 luglio del 2006, ho visto il primo cucciolo di orso della mia vita. Osservandolo per quasi tre ore consecutive, sono stata sorpresa e preoccupata dal fatto che fosse solo. Era molto strano. Avevo letto che una madre non si allontana mai così a lungo dal suo piccolo, soprattutto in aree in cui si aggregano più orsi, come i ramneti. La settimana prima, in questo stesso luogo, avevo osservato cinque orsi contemporaneamente. Ad ogni modo, il cucciolo sembrava tranquillo mentre si aggirava al margine tra il bosco e il ramneto. Ogni tanto si avvicinava ad un cespuglio, ne piegava i rami e frugava tra le foglie. Afferrava una bacca tra le labbra, con maestria, senza strappare neanche una foglia. Ogni tanto si spingeva più in alto, e un ramo cedeva al peso del suo corpo, facendolo cadere a terra in una esplosione di foglie. Con umana apprensione guardavo al cucciolo mentre la notte si avvicinava, chiedendomi che cosa fosse successo alla madre. Non appena il sole è tramontato, ecco che dietro di lui compare una sagoma seduta, immobile, statuaria che si allungava annusando l’aria nella mia direzione. La madre ovviamente era sempre stata lì, nascosta nell’ombra, vigile e in allerta.
Elisabetta
Una femmina accompagnata da due piccoli dell’anno affronta un maschio adulto avvicinatosi troppo.
Nonostante le premure della madre, fino ai due anni di vita i giovani orsi restano comunque l’anello più debole della popolazione. Essi possono essere uccisi da altri orsi, rimanere orfani o allontanati da aree molto ricche di cibo.
In Appennino, solamente la metà dei cuccioli arriva al secondo anno di vita. Ma anche a partire dalla loro seconda estate, quando i giovani sono rimasti da soli, i rischi per questi animali non diminuiscono. Tra le cause di mortalità accertate rientrano patologie, predazione da canidi, aggressione da parte di maschi adulti e avvelenamento. I cuccioli di orso possono anche rimanere orfani per diverse ragioni, tra cui la morte della madre o l’abbandono (ad esempio, se un’orsa viene disturbata in tana), oppure a seguito di eventi naturali traumatici (per esempio, se il gruppo familiare viene attaccato da un maschio). Quali sono le probabilità che un cucciolo sopravviva senza la madre? Studi confermano che un cucciolo di circa sette mesi potrebbe già essere autosufficiente. In ambienti in cui è facile trovare cibo, un cucciolo di questa età ha la stessa probabilità di sopravvivere di uno che non si è separato dalla madre. Inoltre, gli orfani possono essere adottati da un altro gruppo famigliare o aggregarsi tra di loro e fare delle vere e proprie “bande”. Il 2019 è stato un anno particolare per l’orso appenninico, poiché sono state osservate ben 9 cucciolate, per un totale di 16 piccoli. Ma è anche l’anno in cui sono stati trovati 4 cuccioli orfani. In due casi almeno uno dei cuccioli si è ricongiunto al gruppo familiare originario o è stato adottato, mentre degli altri due cuccioli non si è avuta più traccia. Per due casi è stato possibile stabilire la causa dell’abbandono, per collisione con un veicolo della madre nel primo e inseguimento da parte di un veicolo di curiosi, nel secondo.
Un orfano nel Parco
La notte del 24 agosto 2019, mentre attraversa la periferia di Pescasseroli, la femmina marcata F08, nota ai tecnici e ricercatori del Parco fin dal 2008, viene inseguita con i suoi 3 piccoli da un veicolo di curiosi. L’indomani, due dei suoi piccoli sono visti insieme nel centro abitato mentre ricercano la madre, ma vengono separati da gruppi di persone che li seguono a piedi. Da allora, l’orsa è stata osservata in più occasioni muoversi nei dintorni di Pescasseroli, anche di giorno, in cerca dei suoi piccoli, purtroppo ritrovandone solo uno. Del terzo non si sono avute più tracce. In questa popolazione, ogni individuo ha un grande valore e può contribuire alla conservazione della specie. Per questo è necessario prevenire l’abbandono prematuro dei cuccioli da parte della madre per cause non naturali. Correggendo il nostro comportamento, evitando di avvicinare gli animali o di inseguirli in auto, è possibile evitare di compromettere la loro tranquillità.
In Appennino accade assai di rado che le femmine trascorrano una seconda estate o addirittura un terzo inverno con i propri cuccioli. In genere, i cuccioli vengono allontanati quando hanno circa un anno e mezzo di vita.
Il distacco dalla madre avviene tra la prima settimana di maggio e i primi di giugno del secondo anno di vita, con un picco a fine maggio, in coincidenza con la stagione riproduttiva. Nella maggior parte dei casi è l’avvicinamento di un maschio che si vuole accoppiare ad innescare la separazione. Ma se una madre allontana il piccolo, è perché ritiene che il piccolo sia ormai in grado di badare a sé stesso e che ci sia sufficiente cibo in giro per farlo sopravvivere. In caso contrario la femmina può trattenere la prole con sé per un ulteriore anno. Il distacco non è indolore per i giovani, ma avviene molto rapidamente, nel giro di pochi giorni. Tuttavia, nel caso di cucciolate di 2 o 3 piccoli, i fratelli o le sorelle possono rimanere insieme anche per un lungo periodo: l’unione fa la forza. Dopo il distacco, alcuni giovani provano a riunirsi alla madre anche per tutta la stagione estiva. In alcuni casi l’esito può essere positivo, nella maggior parte delle occasioni invece è la stessa femmina ad allontanare i giovani in maniera aggressiva.
Per un anno e mezzo questo cucciolo ha vissuto sotto l’ala protettiva della madre. Rimasto solo, deve mettere in pratica tutti gli insegnamenti della madre e imparare a giocare strategicamente nel mondo degli adulti.
La necessità di ridurre la competizione per il cibo e per un compagno, ma soprattutto quella di evitare le unioni tra consanguinei spinge i giovani ad allontanarsi dal luogo di nascita. Ma alcuni preferiscono godere di tutti i comfort di un posto familiare
Restare o partire è un dilemma che i giovani maschi e femmine nei primi anni di vita devono affrontare. Giocare in casa, ovvero restare in un territorio di cui si conosce tutto, è molto vantaggioso per una femmina il cui obiettivo è quello di mantenersi in forma e in salute per riprodursi. Certo c’è sempre il rischio di accoppiarsi con un consanguineo, ad esempio il padre. È possibile evitarlo per il fatto che ci sono sempre tanti altri maschi nei paraggi e le femmine hanno imparato ad a distinguerli. Le controindicazioni nascono dalle femmine imparentate e dominanti, come la madre, che potrebbero forzare le più giovani a non riprodursi. Insomma, se si resta, bisogna sapere aspettare il proprio turno. In definitiva le femmine di orso sono molto filopatriche e tendono, quindi, a sovrapporre il proprio territorio a quello della madre, formando una specie di “società” matriarcale. Restare è così allettante che, secondo alcuni studi condotti in Scandinavia, le giovani femmine entrano tra loro in una vera e propria competizione. Chi vince? Quelle più grasse, mentre le più magre sono forzate a partire. Dall’altra parte la filopatria è anche una forza, perché è così che una femmina in dispersione darà origine a nuove micro-popolazioni, mantenendo le figlie vicine. Tutti i giovani maschi, invece, sono programmati evolutivamente per allontanarsi dal territorio natale. La necessità di trovare nuovi compagni con cui accoppiarsi è più forte di qualsiasi nostalgia di casa.
Se vanno in dispersione, le femmine di orso bruno rimangono comunque entro una distanza dell’ordine di poche decine di chilometri dal territorio natio, mentre per i maschi si parla anche di centinaia di chilometri.
Eppure la scelta non è sempre così scontata. In aree ad elevate densità, gli orsi, indipendentemente dal sesso, possono ritardare il tempo della partenza o ridurre le distanze di dispersione. Infatti, esiste il rischio di essere aggrediti da conspecifici attraversando territori sconosciuti o densamente occupati. Per questo il compromesso è rimanere subordinati in cambio di meno stress. Anche gli animali dominanti però fanno uno strappo alla regola: aiutare un consanguineo in fondo vuol dire proteggere la propria genealogia. A basse densità, invece, un dominante non può evitare di allontanare qualsiasi potenziale competitore nella riproduzione. D’altronde, con poche femmine a disposizione, per un giovane che si vuole accoppiare, emigrare è l’unica possibilità e, in fondo, un vantaggio per tutti.
Un giovane orso si muove con circospezione in una radura al margine della faggeta. Gli animali in dispersione devono affrontare incertezze, novità e pericoli per poter trovare un nuovo territorio.
Nell’Appennino centrale, i giovani maschi in dispersione possono percorrere centinaia di chilometri anche in tempi molto brevi. Con oltre 5000 km2 di territorio idoneo a disposizione, in Appennino per questi animali lo spazio non manca e anche il cibo per diventare forti e prestanti. D’altronde, le femmine in queste aree si contano sulle dita d’una mano e se i maschi vogliono accoppiarsi, l’unica soluzione allora è tornare dove ci sono più femmine.
La necessità naturale degli orsi di vagare in nuovi territori in cerca di femmine e di una casa moltiplica i rischi di qualche fatalità. L’orso non sa trovare la soluzione, ma noi umani forse potremmo.