Chi è l’orso
Un carnivoro vegetariano per scelta, forte per natura, vulnerabile per necessità
L’orso ha molte qualità che lo rendono, evolutivamente parlando, il più forte e intelligente tra i grandi carnivori, ma allo stesso tempo anche il meno resiliente.
Per comprendere realmente chi è l’orso bruno, delineare un profilo che rifletta le sue abitudini e necessità, bisogna tenere a mente il concetto, appunto, di resilienza, ovvero la capacità di individuo, una comunità o un ecosistema di adattarsi ad una perturbazione senza subirne danni. La forza degli orsi, infatti, è anche la causa della loro stessa vulnerabilità.
In un pomeriggio estivo, un orso appenninico in cerca di formiche si muove tra le erbe di una prateria d’alta montagna.
Dato che si cibano principalmente di alimenti vegetali e considerata la loro mole, gli orsi non sarebbero in grado di sopravvivere ad un lungo inverno senza uno “stratagemma”.
Gli orsi sono animali onnivori: possono nutrirsi di una varietà sorprendente di alimenti di origine animale e vegetale, e in questo sono aiutati da un fisico perfetto per arrampicarsi, scavare e predare. Una dieta flessibile, che si adatta a ciò che l’ambiente offre con il passare delle stagioni, è il vero punto di forza di questi animali. Ma ci sono delle controindicazioni. Gli orsi, ad esempio, possiedono un apparato digerente che non è in grado di assorbire tutti i nutrienti contenuti nelle piante erbacee. Inoltre, per sostenere la loro grande massa corporea hanno bisogno di cibi molto nutrienti ed energetici, ma che talvolta possono essere delle dimensioni di una bacca o una formica. La loro flessibilità è quindi limitata dalla costante necessità di trovare cibi molto nutrienti e in grande quantità.
Un orso di grandi dimensioni si alimenta delle bacche di Ranno alpino. I piccoli frutti di questa pianta maturano in estate e rappresentano una risorsa alimentare molto importante per l’orso appenninico.
Essi trascorrono i mesi invernali, quindi, rifugiandosi in una tana ed entrando in uno stato di dormienza, durante il quale non mangiano, non bevono, non defecano e non urinano, mentre il loro metabolismo rallenta drasticamente. Per poter sopravvivere ad un così lungo digiuno (fino a 6 mesi), essi devono arrivare obesi all’inizio dell’inverno. L’accumulo di massa grassa e magra in eccesso è fondamentale, soprattutto per quelle femmine che partoriranno e allatteranno i piccoli in tana. Pertanto, durante questo periodo, gli orsi sono molto vulnerabili e qualsiasi evento che li allontani dai ricoveri invernali o che li disturbi mentre dormono, può ridurre la sopravvivenza e addirittura causare la morte prematura dei piccoli. Gli orsi necessitano, quindi, di aree “speciali” e lontane da fonti di disturbo, in cui alimentarsi con tranquillità, per ingrassare a sufficienza e di luoghi ancora più “speciali” per svernare e allevare i piccoli.
Alla fine dell’inverno, un orso adulto si muove lungo un pendio roccioso nei pressi della tana di svernamento. Trattandosi di aree molto sensibili, l’immagine è ottenuta a grande distanza per non disturbare l’animale.
Per vivere gli orsi hanno bisogno di vasti territori (parliamo di centinaia o persino migliaia di chilometri quadrati per un singolo animale), caratterizzati da ambienti molto diversificati dove poter trovare cibo, acqua e rifugi. Maggiore è lo spazio che un animale occupa, maggiori sono ovviamente le occasioni di incontrare esseri umani o le loro infrastrutture, con i rischi e i conflitti che ciò comporta. Inoltre, una volta scelto un territorio, gli orsi, e in particolare le femmine, se ne allontanano con difficoltà, rimanendo molto legate al territorio materno. Questo attaccamento, definito filopatria, non offre molte alternative e le rende molto vulnerabili. Le femmine di orso vivono molto a lungo, anche fino a venti anni e oltre, ma si riproducono molto lentamente. Un’orsa può arrivare a otto o dieci anni di età prima di partorire la prima volta. I piccoli nascono solamente ogni tre o quattro anni, in genere in numero non superiore a tre e meno della metà riesce a sopravvivere al primo anno di vita. Pertanto, una femmina raramente potrà riprodursi più di tre o quattro volte nell’arco della sua vita. Per questo motivo, una popolazione di orsi riesce con molta difficoltà a sostenere alti livelli di mortalità, soprattutto se a carico delle femmine adulte.
Un’orsa con i suoi tre piccoli si muove all’alba in alta montagna. Le femmine cercano luoghi tranquilli per allevare la prole e restano particolarmente legate al territorio di nascita.
I vincoli legati ad una dieta super energetica, i lunghi tempi generazionali e la forte filopatria delle femmine rendono gli orsi poco adatti a vivere in ambienti dominati dall’uomo. E questo viene confermato dalla storia. In epoca preistorica, infatti, l’orso bruno era distribuito in tutto il continente europeo, ad eccezione delle isole come Irlanda, Corsica e Sardegna. La crescita della popolazione umana si è accompagnata ad una estesa deforestazione e trasformazione agricola del territorio, che hanno comportato alterazione, riduzione e frammentazione dell’areale di presenza del plantigrado. Ma non solo. L’orso nei secoli ha subito anche una forte persecuzione diretta. Attualmente in Europa si stima la presenza circa 18.000 orsi. Nel complesso sono state individuate dieci popolazioni distinte, delle quali quattro isolate e di consistenza inferiore ai 100 individui (Alpi, Appennino centrale, Cantabria orientale e Pirenei). I valori massimi di densità sono stati osservati nei Carpazi e quelli più bassi nei paesi scandinavi.
In Italia sono attualmente presenti due popolazioni di orso, quella Appenninica e quella Alpina. Il difficile rapporto tra l’orso e l’uomo sulle Alpi ha comportato la totale eradicazione del plantigrado negli anni Novanta del secolo scorso. Oggi, come risultato di un progetto di reintroduzione avvenuto a partire dal 1990 con il rilascio di dieci individuati originari della Slovenia, l’orso è tornato sulle Alpi con una popolazione di circa 60 orsi (Summary of the isolated Brown Bear populations – IUCN 2016). In Appennino, invece, l’orso non si è mai estinto, ma la sua distribuzione e consistenza numerica si è ridotta drasticamente, soprattutto negli ultimi secoli. Attualmente viene stimata una popolazione di 50 individui, su un’area principale di circa 1.800 km2, e presenze occasionali o in espansione su un’area di circa 5.000 km2.
LA LEGGE LO PROTEGGE
L’Orso bruno (Ursus arctos) è una specie di interesse comunitario e dal punto di vista normativo è inserita: 1) nella Convenzione di Berna, ratificata dall’Italia con la Legge n.503/81, quale specie di fauna rigorosamente protetta (Allegato II); 2) nella Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (Normativa CITES), resa esecutiva dall’Italia con Legge n.150/92 e modificata dalla Legge n.59/93, integrata dal decreto legislativo 275/01, quale specie il cui commercio è regolamentato per evitare uno sfruttamento incompatibile con la loro sopravvivenza (Appendice II); 3) nella Direttiva Habitat 92/43/CEE (recepita dall’Italia con DPR 8 settembre 1997 n.357, modificato e integrato dal DPR 12 marzo 2003 n.120) quale specie di interesse comunitario che richiede una protezione rigorosa (Allegato IV). Inoltre la Legge nazionale 11 febbraio 1992 n.157 inserisce l’Orso bruno tra le specie particolarmente protette (Art. 2, comma 1). Per quanto riguarda l’Italia, quindi, lo Stato e le Regioni hanno la responsabilità di mettere in atto tutte le azioni di tutela, gestione e monitoraggio per assicurare la conservazione delle due popolazioni di Orso bruno, alpina e appenninica. Lo stato di conservazione della fauna e della flora viene valutato a livello nazionale e internazionale dalle linee guide della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) una organizzazione non governative che, appunto, valuta il rischio di estinzione di una specie. Tutte le categorie definite come Vulnerabile (VU, Vulnerable), In Pericolo (EN, Endangered) e In Pericolo Critico (CR, Critically Endangered), rappresentano delle priorità di conservazione, perché la loro estinzione è una prospettiva concreta in assenza di riduzione delle minacce. Il 60% delle popolazioni di Orso bruno in Europa risulta a rischio, tra cui quelle italiane. Per l’orso in Italia esistono due distinti piani, entrambi redatti attraverso il coinvolgimento di più Enti territoriali, oltre al MATTM e di ISPRA: il PATOM per l’orso bruno marsicano e il PACOBACE per l’orso nelle Alpi centrali. La Regione Abruzzo, in base alla L.R. 9 Giugno 2016 n.15, ha individuato la conservazione dell’Orso bruno marsicano come una priorità e contempla il sostegno di diversi interventi di conservazione.