In cerca di orsi

Conoscere l’orso richiede studio, dedizione, ingegno e passione

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Prendendo ispirazione dal concetto di biofilia del biologo Edward Wilson, la ricerca nasce da una nostra innata tendenza a concentrare l’attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, inevitabilmente, come sosterrebbe l’antropologa Jane Goodall, ad affiliarsi emotivamente.

La ricerca inizia con la curiosità, ovvero con il porsi domande ispirate dallo studio o da semplici intuizioni. Dalle domande si entra nella fase più creativa, quella di formulazioni di ipotesi a cui segue quella di sperimentazione su campo. La sperimentazione passa attraverso una raccolta dati rigorosa e consapevole, ovvero ben pianificata in tutti i suoi aspetti (cosa, quanto, dove e quando raccogliere). Ma è dall’analisi che i dati prendono vita aiutandoci a scoprire le relazioni ecologiche di un animale. Per riassumere, quando la curiosità e l’intuizione vengono applicate con un approccio sistematico, si sta facendo ricerca. Come si entra nei panni di un orso rimanendo alla giusta distanza minimizzando il nostro impatto?

Lo studioso Paolo Ciucci racconta la storia della ricerca nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

L’identità degli orsi è scritta nel loro pelo, ed è così che vengono contati.

La natura elusiva e notturna di questi animali e soprattutto le vaste aree che ogni orso può occupare non rende facile contarli. Ebbene, grazie a una buona conoscenza delle abitudini degli orsi e all’utilizzo di tecniche utilizzate in genetica forense, è possibile oggi non solo sapere quanti orsi ci sono in una determinata area, ma anche studiare la dinamica di questi numeri (ovvero l’andamento di popolazione), e capire se aumentano, diminuiscono o rimangono stabili nel tempo. Infatti, mediante l’analisi specifica del DNA raccolto da campioni biologici, ad esempio peli, è possibile identificare personalmente in maniera univoca ogni orso. Come si preleva il pelo ad un orso? Ed è qui che interviene l’astuzia. Gli orsi sono animali dipendenti dal cibo. I ricercatori approfittando della loro “gola”, hanno elaborato una sorta di inganno versando un fluido molto odoroso fatto di sangue e pesce marcio su una catasta di legno marcio, ricoprendola di foglie. In pratica, i ricercatori si comportano come un orso che nasconde una carcassa di un animale. La “carcassa” viene circondata da filo spinato a qualche metro di distanza. L’orso per raggiungerla passerà sopra o sotto il filo, lasciando, anche se non sempre, del pelo. Queste cosiddette trappole per peli vengono distribuite in tutta l’area di studio in maniera regolare, così da aumentare la probabilità di catturare virtualmente tutti gli orsi.

Tecnici e ricercatori allestiscono “trappole” di filo spinato per prelevare i peli degli orsi che verranno utilizzati per identificarli.

Come si è certi di riuscire a ottenere una conta realistica, ovvero molto vicina al numero reale? E’ qui che interviene a supporto la statistica, attraverso l’elaborazione di modelli matematici e complessi algoritmi matematici che restituiscono il numero degli orsi (ovvero la stima) e il grado di incertezza associato al suo valore (ovvero intervallo fiduciale), calcolando la probabilità di catturarli. Per semplificare all’osso, supponiamo che contiamo 4 orsi, se un orso ha la probabilità del 50% di essere catturato ( ovvero che il suo pelo venga catturato), vuol dire che potremmo averne non visti 2 e quindi il numero totale di orsi presenti è 6. Come si costruisce questa probabilità? Raccogliendo i peli con regolarità ad intervalli di 10-15 giorni, e contando le volte che ogni orso noto viene identificato. Un lavoro molto faticoso, che richiede decine di operatori per ogni raccolta e centinaia di ore di lavoro. La stagione di raccolta infatti inizia a fine aprile e continua fino a fine giugno! Purtroppo, nonostante lo sforzo, questa tecnica non è sufficiente. I ricercatori sfruttano anche l’abitudine degli orsi di grattarsi agli alberi e la loro passione per le bacche del ranno, per allungare la stagione di raccolta, e quindi aumentare la probabilità di catturare più orsi. Il filo spinato viene messo sugli alberi e intorno alle piante con le bacche. Il lavoro finisce all’inizio dell’autunno. Se tutto questo lavoro viene replicato negli anni, ecco che è possibile studiare come varia il numero degli orsi nel tempo.

“La ricerca è parte integrante della mia vita. È andare fuori, in natura, vedere cosa succede e soprattutto capire perché succede. La ricerca mi ha aiutato a comprendere, a conoscere e quindi ad entrare in contatto con un’altra specie vivente.”

Karen Noyce

Strategia e tecniche di ricerca applicate nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise negli ultimi 16 anni.

Tanti occhi discreti per studiare le capacità riproduttive dell’orso.

Gli orsi si riproducono molto lentamente e per questo motivo qualsiasi variazione nel numero di femmine che si riproducono ogni anno può influire drasticamente sull’andamento della popolazione. Se le femmine aumentano nel tempo, è molto probabile che anche gli orsi stiano aumentando. Ebbene, è per questo che viene applicata nel Parco la tecnica di conta delle femmine con piccoli, che si basa sulla individuazione e conteggio annuale delle femmine che si riproducono ogni anno in una determinata area di studio, attraverso strategie complementari di raccolta dati: osservazioni dirette e l’uso di fototrappole. Le osservazioni mirate e il monitoraggio tramite fototrappole vengono effettuati dall’inizio della primavera fino alla fine dell’estate in tutta l’area di studio, mentre, da agosto fino a settembre, vengono realizzate osservazioni dirette in simultanea, da circa 30-40 postazioni fisse, nelle aree di maturazione delle bacche di ranno, dove gli orsi si aggregano ogni anno. Punti strategici, orari della giornata e stagioni in cui la probabilità di osservare gli orsi sono maggiori sono stati invidiati attraverso uno studio sperimentale iniziato nel primo anno di progetto. Come distinguere le femmine con piccoli e quindi contarle? A differenza di quanto si pensa è difficile, se non impossibile, distinguere una femmina dall’altra. Per questo ci si basa su tre criteri. Se una femmina è nota, ovvero ha delle marche auricolari ( appositamente messe dai ricercatori quando gli orsi vengono catturati e radio collarati), e l’altra no, allora sono diverse. Se nessuna delle due è marcata e le vediamo in contemporanea, è chiaro che non possono essere la stessa. E in tutti gli altri casi? Le femmine con il collare hanno insegnato ai ricercatori come e quanto si sposta una femmina nel Parco. Usando queste informazioni, è possibile a stabilire con una probabilità molto alta se le femmine osservate sono le stesse oppure no.

Dal 2006 ad oggi, tecnici e ricercatori contano le femmine con i piccoli nel PNALM utilizzando diverse tecniche, dalle osservazioni dirette al monitoraggio fotografico.

Dal numero delle femmine con piccoli è possibile conteggiare le femmine adulte e riproduttive. Nel Parco le femmine si riproducono almeno ogni 3 anni. Quindi in un anno è poco probabile che si siano riprodotte le femmine che hanno avuto i cuccioli nei due anni precedenti. Pertanto, sommando le femmine con piccoli conteggiate in questi tre anni, si ottiene il numero di femmine adulte presenti nella popolazione in grado di riprodursi. Come interpretare i dati? Il numero di femmine con piccoli conteggiato non deve essere considerato come un numero assoluto, ma una buona approssimazione della realtà. Infatti non possiamo essere sicuri che alcuni gruppi familiari siano sfuggiti al nostro binocolo. Tuttavia, possiamo utilizzare questo numero come un indice, ovvero un numero che ci racconta come variano le nascite nel Parco (per esempio, aumentano, diminuiscono o rimangono stabili) o ancora meglio ci racconta dello stato di salute della popolazione (se nascono i piccoli le femmine stanno bene in salute e se le femmine che si riproducono aumentano, allora aumenta anche la popolazione). Lo stesso vale anche per le femmine riproduttive. Noi sappiamo che la maggior parte delle femmine si riproduce ogni 3 anni, ma alcune possono riprodursi ogni 2, altre ogni 4 anni. Quindi, ovviamente, sommando le femmine ogni 3 anni, cerchiamo di avvicinarci alla realtà dei fatti, non per guardare ai numeri, ma alla tendenza.

“La ricerca fin da quando sono in grado di ricordare è stato il mio sogno. È la mia passione, il mio principale interesse ed è importante per la società. Stiamo perdendo biodiversità, specie animali e ambienti a causa dell’uomo e io spero di contribuire a fare vedere che gli animali sono parte integrante del nostro mondo.”

Andreas Zedrossser

Peli ed escrementi possono raccontarci le abitudini alimentari dei singoli orsi e di come cambiano nel tempo e degli anni.

Il comportamento alimentare degli orsi si è articolato principalmente attraverso l’analisi del contenuto degli escrementi. Considerando la natura onnivora degli orsi, le analisi vengono fatte stagionalmente e annualmente, con una raccolta di escrementi su base mensile, in modo da evidenziare la mutevole disponibilità di fonti alimentari utilizzate dagli animali. I percorsi di raccolta vengono fatti coincidere con le potenziali direttrici di spostamento degli orsi attraversando il maggiore numero di ambienti possibili e in settori a raggiera in tutto il Parco. Lì dove presenti orsi al radiocollare, è stata effettuata una raccolta mirata sulle localizzazioni di animali noti, al fine di massimizzare la probabilità di rilevare qualsiasi fonte alimentare. La strategia applicata ha consentito di raccogliere oltre 2000 escrementi in quattro anni, che hanno permesso di descrivere le abitudini alimentari dell’intera popolazione. La quantificazione della dieta passa attraverso ore ed ore trascorse in laboratorio, a sotto campionare gli escrementi (si analizzano solo 2 aliquote di 50 ml per ogni escremento), a separare manualmente i resti indigesti e identificarli e a misurarne il volume. In fase di analisi, i volumi di resti indigesti vengono convertiti in misure di biomassa e energia assimilata, attraverso l’utilizzo di coefficienti di correzioni (che tengono conto della digeribilità di ogni alimento e del suo contenuto nutritivo) elaborati con esperimenti di offerta alimentare condotto in cattività su esemplari di orso bruno in altre aree di studio.

Tecnici e ricercatori identificano e quantificano i resti indigesti contenuti negli escrementi degli orsi per studiare le loro abitudini alimentari.

Grazie alla raccolta nei peli effettuata per il conteggio degli orsi, nel 2014 è stato possibile quantificare la dieta degli orsi a livello individuale attraverso l’applicazione di un’altra tecnica, ovvero l’analisi degli isotopi stabili del carbonio e dell’azoto. Le firme isotopiche riflettono la componente di carboidrati e di proteine che derivano dall’alimentazione, ovvero da ciò che si è assimilato di una specifica fonte alimentare. Dato che ogni fonte alimentare ha una sua firma isotopica, dall’analisi dei peli è possibile ricostruire la dieta di un orso di un anno prima di quella di raccolta. Non solo, dato che i peli hanno una crescita graduale, analizzando in ordine di crescita dalla base alla punta, segmenti successivi di peli è possibile studiare lo sviluppo stagionale della dieta di ogni singolo individuo, identificato tramite il DNA.

Nel 2021 sono stati pubblicati su una rivista scientifica internazionale i primi risultati di uno studio sulla dieta condotto tra il 2013 e il 2014 con l’analisi degli isotopi su 35 campioni di pelo appartenenti a 27 orsi diversi (16 femmine e 11 maschi). Che cosa è emerso? Lo studio, se confrontato con quello condotto tra il 2006 e il 2009, ha confermato che gli orsi appenninici sono principalmente vegetariani, ovvero erbe e frutti vari rappresentano il pasto principale in tutte le stagioni. Il consumo di carne continua ad essere secondario se confrontato a quello di altri cibi e con picchi tra marzo a luglio, quando gli orsi ci cibano principalmente di cervi, caprioli e cinghiali. In estate e in autunno, gli orsi non si fanno sfuggire un frutto, e sebbene in estate vadano ghiotti soprattutto di frutti selvatici, in autunno quelli domestici fanno loro concorrenza. Gli orsi maschi sono più ghiotti di carne in primavera e in autunno, mentre le femmine preferiscono dedicarsi alla ricerca di erba, formiche nella prima stagione e frutti secchi nella seconda. Sebbene tutti gli orsi abbiamo accesso a tutti i cibi, è emerso anche che ogni orso ha la sua dieta preferita. Infine, la dieta degli orsi confidenti e di quelli più selvatici non è poi così differente nelle varie stagioni, sebbene in autunno i primi consumino più frutti domestici. Nel complesso, il consumo di cibi selvatici prevale su quelli di origine antropica, confermando ancora la ricchezza alimentare del PNALM. Una ricchezza che deve essere preservata e aiutata a mantenersi.

“La ricerca è importante per me perché sono una persona curiosa. Non c’è niente di più affascinante che studiare gli orsi in natura: sono intelligenti, adattabili, fanno mille cose diverse. Ogni giorno è una continua scoperta.”

David Mattson

La tecnica più efficace per lo studio di animali particolarmente elusivi è rappresentato dalla telemetria satellitare. Il metodo permette di localizzare e seguire a distanza gli animali, ma anche di monitorarne la sopravvivenza. Il sistema consta di un localizzatore GPS incorporato in un radio-collare che viene applicato all’animale catturato. Il collare possiede anche una radio trasmittente VHF che permette attraverso una ricevente ed una antenna di localizzare anche manualmente l’animale in macchina o a piedi. Normalmente però, informazioni come data, ora e coordinate geografiche arrivano direttamente al computer o sul cellulare attraverso specifiche applicazioni e software. Questi collari sono in grado anche di rilevare l’attività degli orsi a scala di secondi (spostamento o riposo), misurando le oscillazioni del collare in tre direzioni, così come dare indicazioni sulla mortalità dell’animale, attraverso l’invio di un messaggio, quando il collare rimane fermo per oltre 8 ore. La cosa sorprendente di questa tecnologia, è che è possibile dialogarci, ovvero programmare il collare quando e come si vuole, chiedendogli di dirci dove si trova l’orso ogni 5 minuti, così come una volta al giorno, in base agli obiettivi di ricerca.

Un satellite e sistema radiomobile di telefonia cellulare a tecnologia digitale (GSM) collaborano per seguire gli spostamenti degli orsi.

Personale del PNALM impegnato in tutte le fasi che porteranno all’applicazione del radio collare all’orso F24 e al maschio M18, dalla messa a terra dei lacci alla cattura vera e propria.

Ma come si cattura un orso? Le catture sono pianificate per garantire l’assoluta incolumità degli animali catturati per motivi scientifici, etici e legali. Le catture non hanno soltanto lo scopo di permettere l’applicazione del collare per seguire attività e spostamento degli animali, ma anche quello di raccogliere prelievi biologici (sangue, tamponi nasali e rettali, feci) e misure biometriche (peso e misurazioni morofometriche) per valutare lo stato nutrizionale degli individui. Per la cattura sono utilizzati speciali lacci che catturano la zampa dell’animale con un meccanismo a scatti (Lacci di Aldrich), dotato di sistemi di sicurezza come la presenza di una rondella anti torsione e un sistema a molla antistrappo di ancoraggio ad un albero. Ciascuna trappola è collegata a un trasmettitore che avvisa in tempo reale dell’avvenuta cattura, consentendo alla squadra di arrivare al sito in meno di 20-30 minuti. I lacci vengono innescati in punti di passaggio obbligato da parte di personale esperto curando di non lasciare odori. Una volta catturati gli animali vengono narcotizzati, esaminati, misurati, marcati e dotati di radio collari. La somministrazione di un antidoto permette all’animale il recupero immediato della sua forza e delle sue facoltà. L’intera procedura, dall’anestesia al rilascio effettivo, non dura in media più di un’ora.

La ricerca e la conservazione possono andare di pari passi, la prima fornisce le basi per fare scelte più consapevoli e fondate, mentre la seconda è quella che ci mette in azione.

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