L’orso sociale
Gli orsi sono animali introversi, ma passano la vita cercando di non sentirsi soli
Trasmettere i propri geni alla generazione successiva è la missione principale di ogni essere vivente e, per far questo, gli orsi mettono in atto strategie sorprendenti.
Dopo mesi trascorsi in tana, con l’arrivo della primavera, gli orsi escono dal lungo torpore e si preparano per l’annuale rituale amoroso. La monogamia è sconosciuta tra questi animali. Tra aprile e luglio, maschi e femmine partecipano ad un gioco appassionato di scambi, che può assumere talvolta toni violenti ed avere persino un epilogo tragico. Per un maschio adulto sono settimane estenuanti. Prima bisogna difendere ogni femmina conquistata dagli altri pretendenti, poi convincerla ad accoppiarsi. Per le orse, invece, il compito più importante è scegliere il padre migliore per la propria prole e per farlo, esse utilizzano tattiche molto sottili. Riprodursi è una questione davvero complessa per gli orsi, e la qualità della vita riproduttiva è influenzata non solo dagli altri individui, ma anche dall’ambiente in cui vivono.
Effusioni tra due orsi agli inizi della primavera. La stagione riproduttiva per questi animali è piuttosto lunga e può cominciare anche in Aprile.
Una femmina di orso, se fortunata, alla fine della sua vita sarà riuscita a portare avanti non più di tre o quattro gravidanze, ciascuna in genere di due o tre cuccioli. Rifugiata all’interno di una tana, protetta dai predatori e dai freddi venti invernali, un’orsa partorisce i suoi cuccioli di poco più di 500 grammi di peso. Dalla fecondazione alla nascita trascorrono oltre 8 mesi. Tuttavia, dopo l’accoppiamento, lo sviluppo dell’embrione in realtà entra in pausa e riprende, salvo imprevisti, quando la madre inizia a dormire, completandosi poi in appena un paio di mesi.
Non tutte le femmine riescono a riprodursi o a portare avanti la gravidanza e la mortalità dei cuccioli è elevata: solo la metà dei piccoli sopravvive al primo anno di vita.
Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove persiste una popolazione di circa cinquanta individui, in media non più di tre o quattro femmine partoriscono all’anno. Per i nuovi nati la vita non è mai facile: la competizione tra fratelli inizia fin dalle prime poppate e ancor prima di compiere due anni i piccoli sono lasciati dalla madre. I piccoli nati da madri in salute avranno sicuramente più probabilità di sopravvivere, ma la qualità della vita di un giovane orso è influenzata dalla sua intraprendenza e adattabilità a vivere in un mondo fatto di pericoli e stagioni mutevoli.
Una femmina di orso con i suoi due cuccioli attraversa un crinale montano a primavera. Nei primi mesi di vita, i piccoli sono molto vulnerabili e la madre non li perde mai di vista.
Per definizione gli orsi sono considerati animali solitari, ma questo non significa che siano “asociali”.
Ad eccezione di un’orsa con la prole o di adulti durante periodo degli amori, è raro osservare più orsi insieme. Ma, tra la fine di luglio e i primi agosto, nei ghiaioni di montagna, ricoperti da cespugli di ramno carichi di bacche nutrienti, gli orsi passano dalla solitudine a delle vere e proprie aggregazioni. Certo non si tratta di concentrazioni paragonabili a quelle che si verificano lungo i celebri fiumi dell’Alaska nei punti di risalita dei salmoni. Eppure, può capitare che una decina di orsi, cioè circa un quinto dell’intera popolazione, possa alimentarsi nello stesso ghiaione. In queste circostanze, gli orsi mostrano grandi capacità di socializzazione, o meglio di controllo della tensione che potrebbe scaturire da questa forzata socialità. Come vedremo, tutto questo è in realtà il risultato di un lungo percorso di conoscenza reciproca, iniziato sin dalla primavera per i più giovani, e da anni per gli adulti. Gli orsi infatti possono riconoscersi individualmente e stabilire delle gerarchie.
Incontro tra due orsi adulti, che si studiano a vicenda per ripartirsi i cespugli di ranno. In estate, con la maturazione delle bacche di questa pianta, più individui possono alimentarsi contemporaneamente in determinate aree.
Negli orsi, il gioco aiuta sin da piccoli a familiarizzare con l’altro e a testarne le abilità fisiche, ma continua anche tra gli adulti.
Due cuccioli di orso di pochi mesi giocano ad inseguirsi sui rami di un carpino.
Quando un orso si trova a tu per tu con un altro orso, per prima cosa cerca di riconoscerne l’odore fiutando l’aria. E lo fa avvicinandosi o rimanendo a distanza, se il vento è a favore. Per esprimere il suo stato d’animo o dichiarare la propria posizione sociale, un orso gioca con lo sguardo, la postura e con un ricco repertorio di vocalizzazioni. La strategia di base è quella di evitare inutili rischi, quindi relazionandosi in modo non agonistico, come ad esempio giocando. Detto ciò anche gli orsi hanno delle regole comportamentali che non possono essere infrante. Quando il gioco non basta, lo scontro è inevitabile. Tuttavia gli orsi cercano fino all’ultimo di evitare il contatto diretto utilizzando segnali di minaccia o di riconciliazione.
L’abilità con cui gli orsi riescono a gestire le relazioni a distanza è sorprendente.
Durante la stagione riproduttiva, un grosso maschio dominante si sofferma ad annusare gli odori lasciati da altri orsi su un albero grattatoio.
Ad eccezione del periodo delle aggregazioni estive, gli orsi trascorrono gran parte dell’anno da soli e per vivere necessitano di molto spazio. Un maschio adulto, ad esempio, ha bisogno in media di circa 180 km quadrati di territorio, un’area grande quanto la città di Milano. Quindi, sebbene gli orsi tollerino la vicinanza di altri individui, non è certo facile per due animali venire a contatto. Ma gli orsi hanno bisogno sia di incontrarsi che di evitarsi. Ad esempio, maschi e femmine devono trovarsi durante la stagione degli amori, mentre i giovani e le femmine con i piccoli cercano in tutti i modi di evitare i maschi adulti e aggressivi. Gli orsi hanno un buon olfatto e lo utilizzano per comunicare a distanza. Per farlo, essi marcano alberi, tronchi a terra e rocce, grattandosi o con morsi e graffi. Inoltre, grazie alle numerose ghiandole presenti nelle zampe questi animali lasciano anche delle scie odorose e visive. Queste, sommandosi, costituiscono una vera e propria mappa che può informare gli altri orsi non solo dell’identità dell’autore, ma anche dei posti migliori dove trovare cibo o un rifugio.