Una casa per l’orso
I movimenti degli orsi riflettono i loro bisogni e variano di stagione in stagione
In Appennino, quando gli orsi decidono di stabilirsi per la vita, preferiscono aree boscose, poco abitate o frequentate da persone, in cui muoversi senza troppi ostacoli.
Una volta trovata “casa”, gli orsi trascorrono le ore diurne in versanti montani alberati, impervi e poco raggiungibili, possibilmente lontani da strade. Tuttavia, con le prime ombre del crepuscolo, essi si avventurano anche nel fondovalle, tra pascoli, praterie, incolti e coltivi, alla ricerca di cibo. Gli orsi sono creature della notte e alle prime luci dell’alba, fanno ritorno ai loro rifugi diurni. In autunno, quando il bisogno di ingrassare diviene prioritario, le femmine, in particolare, approfittano di qualche ora di luce in più, per garantirsi le migliori condizioni per diventare madri. Gli spostamenti di questi animali sostanzialmente sono un riflesso di quello che mangiano e non sono mai casuali. Prima di muoversi, infatti, gli orsi mettono sempre in bilancio costi e benefici. Ogni gita lontana dai rifugi diurni, deve servire a riempire bene lo stomaco o a trovare un compagno.
Dai silenziosi querceti a fine inverno, alle praterie montane e le ombrose faggete in primavera, sino alle brulle morene glaciali in estate. In Appennino centrale, nel corso delle stagioni un orso può frequentare una grande varietà di habitat.
Gli orsi sono per lo più vegetariani e si alimentano di cibi la cui maturazione varia nei mesi. Ogni stagione non è mai la stessa.
Quando escono dalle tane, in primavera, gli orsi frequentano soprattutto il fondovalle, i margini dei corsi d’acqua e dei boschi e le aree libere da neve, dove è più probabile trovare piante succulente, carcasse di animali morti in inverno o cervi, caprioli e cinghiali appena nati. Ognuno a suo modo, gli orsi perlustrano anche ambienti naturali antropizzati come i coltivi, gli incolti e i margini delle strade, sempre alla ricerca dei primi ciuffi di erba. Nelle prime quattro settimane dall’uscita dalla tana, gli orsi si muovono e mangiano poco, perché le loro funzioni metaboliche sono ancora rallentate dalla lunga pausa invernale, anche se gradualmente ritornano alla normalità. Tra maggio e giugno, i movimenti dei maschi e delle femmine adulte solitarie, alla ricerca di avventure amorose, raggiungono il loro massimo. Le madri, invece, rimangono più a lungo in quota e nei pressi dei ricoveri invernali rispetto ad altri orsi, per proteggere i cuccioli, ancora troppo lenti per tenere loro il passo. Con l’avanzare dell’estate, tra giugno e luglio, l’inverdimento della vegetazione a quote progressivamente più elevate attrae gli orsi nelle praterie a maggiore altitudine, alla ricerca non solo di erbe, ma anche di formiche in fermento nei loro nidi sotto i sassi. Per cercare formiche, più attive nelle ore più calde della giornata, a differenza di altre stagioni, gli orsi frequentano con assiduità le aree ricche di arbusti e cespugli anche nelle ore di luce.
L’inizio di agosto porta con sé non solo una grande abbondanza di frutti carnosi, ma anche il picco turistico, ovvero di frequentazione del Parco da parte delle persone. Qualcosa cambia anche negli orsi. Essi iniziano a sottoporsi ad una dieta ipercalorica per aumentare di peso prima del lungo inverno. Nello stesso tempo, gli animali conducono una vita anche più riservata, in aree impervie e in alta quota sia di giorno che di notte, evitando il più possibile le strade molto trafficate e affollati centri abitati. In questa stagione, le radure e i ghiaioni di montagna sono una meta costante per gli orsi, in cerca di bacche di ranno. Con la stagione autunnale, invece, gli orsi tornano a frequentare di nuovo i boschi di fondovalle, gli incolti e i coltivi in cerca di bacche e altri frutti, soprattutto mele, pere e ghiande. Nelle annate di pasciona, ovvero di abbondanza di frutti di faggio, questi restringono i loro spostamenti all’interno delle faggete.
ORSI E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Studi recenti hanno evidenziato che un home range di orso, ovvero il territorio frequentato normalmente dagli orsi in un anno o in una stagione, dovrebbe contenere almeno il 10% di ambienti aperti e il resto di bosco per provvedere a tutti i cibi necessari alla propria sopravvivenza (ghiande, faggiole, bacche, mele, pere, piante erbacee e formiche). I modelli di cambiamento climatico prevedono che le temperature medie in Europa nei prossimi 40 anni potranno aumentare anche di 2 gradi, parallelamente ad un aumento delle precipitazioni a carattere violento in primavera e a forti siccità nei periodi estivi. In questo scenario, nei prossimi decenni molti saranno i cambiamenti a cui l’orso dovrà adattarsi: aumento della copertura forestale, riduzione di ambienti aperti e conversione delle foreste di faggio in querceti. Grazie alla flessibilità nella dieta degli orsi in Appennino, nonché la diversità di cibi di cui si alimentano, questi animali hanno sicuramente un asso nella manica per sopravvivere a questi cambiamenti. Ma è una situazione da tenere sotto controllo, perchè ogni pianta può reagire in maniera diversa.
Le case degli orsi devono rispondere a molti requisiti e soddisfare tutti i loro bisogni di alimentazione, sicurezza e riproduzione.
In Appennino, ogni individuo di orso è diverso e sia tra i maschi che tra le femmine, le dimensioni delle proprie aree vitali, gli home range, possono differire anche di tre volte. Questi home range degli orsi marsicani possono variare tra i 30 e i 300 km2 e sono del tutto confrontabili con quelli di orsi bruni residenti in zone anche molto più produttive dell’Appennino stesso.
COME SI CHIAMA LA CASA DEGLI ORSI?
Ogni essere vivente possiede un suo home range, ovvero un’area in cui esso abitualmente mangia, si riproduce e cura la prole. Un home range ideale è quello in cui è possibile trovare dei compagni con cui accoppiarsi, sufficienti risorse alimentari e aree sicure da eventuali competitori e predatori. Il concetto di home range è molto dinamico nell’orso e le sue dimensioni, così come il suo utilizzo, possono differire di molto in funzione delle variazioni annuali e stagionali dei cibi più appetibili, delle condizioni di salute e dello stato riproduttivo degli animali, della presenza di competitori e di fattori di disturbo, come le infrastrutture di origine antropica, ad esempio. Alcune aree, che coincidono per lo più con zone di rifugio e di alimentazione, sono usate più spesso di altre e si definiscono core area.
Esistono diversi metodi per misurare le dimensioni di un home range. Ad esempio, congiungendo i punti più estremi degli spostamenti (minimo poligono convesso) oppure definendo un contorno soltanto intorno alle aree frequentate con più intensità (metodi kernell).
Da una stagione all’altra, gli orsi utilizzano sempre le stesse aree più centrali, ma gli home range si restringono, dilatano o allungano in funzione delle esigenze riproduttive e nutrizionali degli animali, nonché della distribuzione dei cibi più appetibili. Le variazioni più significative sono state osservate al passaggio tra la stagione estiva e quella autunnale, con un dimezzamento o addirittura un raddoppiamento, a seconda degli orsi o degli anni. In autunno, gli orsi si nutrono soprattutto di frutta secca, la cui abbondanza può variare molto da un anno all’altro. Nelle annate di pasciona del faggio, ad esempio, gli orsi restringono i loro spostamenti all’interno delle faggete, rimanendo per settimane in aree anche molto piccole. Quindi, essi avranno territori più piccoli, rispetto ad anni in cui le faggete producono pochi frutti.
I maschi possiedono sempre territori di dimensioni maggiori di quelli delle femmine. In particolare, durante la stagione riproduttiva, tra la fine della primavera e i primi mesi estivi, i maschi adulti raddoppiano i propri spostamenti per raggiungere e coprire il maggior numero di femmine possibili, in accordo con una strategia riproduttiva poligama. I maschi allargano i propri territori fino a includere anche sei femmine adulte diverse. Se da una parte le femmine con piccoli tendono, invece, a restringere i propri spostamenti nei primi mesi estivi, per ridurre il rischio di infanticidio da parte dei maschi adulti, nelle altre stagioni allargano, invece, le proprie aree vitali per soddisfare le esigenze nutritive di tutta la famiglia.
Gli orsi non sono propriamente territoriali e si tollerano, sebbene sappiano quando e come ripartirsi lo spazio per non sovrapporsi troppo.
Gli orsi si tollerano e possono spartirsi la stessa casa, anche se stagione e personalità giocano un ruolo. Le più tolleranti sono soprattutto le femmine, che sin da giovani tendono a rimanere nei territori materni, mentre i maschi nei primi anni di vita sono spinti a disperdersi. Nel Parco, ad esempio, un orso può incontrare altri 4 individui ogni 100 km2. Che gli orsi in Appennino siano molto indulgenti tra di loro, è evidente sia in estate che in autunno, quando si possono osservare aggregazioni anche di nove orsi assieme in pochi chilometri quadrati. Tuttavia, sovrapporsi, non vuol dire necessariamente frequentare le stesse aree nello stesso giorno o alla stessa ora. Gli orsi, infatti, sono molto abili a spartirsi un calendario di presenza in una specifica area. D’altra parte, se non riescono ad evitare un incontro, anche a distanza ravvicinata sanno come interagire per evitare tensioni e conflitti.
Gli orsi sono ben “impacchettati” nel Parco, ciò suggerisce che questa area non potrà accogliere più orsi di quelli che ci sono già.
L’elevato grado di sovrapposizione degli home range degli orsi nel Parco, rende ad oggi plausibile ipotizzare che questi animali comincino a stare un po’ “stretti”. Cosa può succedere agli orsi in queste situazioni? Gli orsi più giovani, in genere, vengono spinti ad allontanarsi o in aree marginali o in cerca di nuovi territori più lontani, mentre per chi resta possono entrare in gioco dei meccanismi di controllo, ad esempio, delle nascite. Le femmine dominanti più anziane possono esercitare la loro autorità impedendo alle femmine più giovani di riprodursi, oppure possono aumentare i casi di infanticidio da parte dei maschi adulti sui giovani. Che evidenze abbiamo per gli orsi nel Parco? I bassi tassi riproduttivi riscontrati nelle femmine e il più recente fenomeno di orsi giovani che frequentano aree abitate, potrebbero essere degli indizi che sia in atto un fenomeno di questo tipo. Negli ultimi anni, inoltre, stanno aumentando sempre di più le segnalazioni di orsi maschi e femmine al di fuori dell’areale storico. Un buon indizio che gli orsi hanno una spinta ad allontanarsi dall’area storico di presenza.
ORSI FUORI
Negli orsi la dispersione (allontanamento dai territori materni) è un fenomeno prettamente maschile. In genere più del 90% dei maschi si disperde entro 5 anni di vita, allontanandosi anche di centinaia di chilometri. Giocare in casa, ovvero restare in un territorio di cui si conosce tutto, è molto vantaggioso per una femmina il cui obiettivo è quello di mantenersi in forma e in salute per riprodursi. Le femmine, quindi, sono molto più legate ai territori materni, ovvero si dicono filopatriche, e raramente si allontanano a distanze maggiori di 70-80 km dalle aree natali. Gli orsi in cerca di nuovi territori o che raggiungono aree a bassa densità di orsi, e quindi con poca competizione, possono occupare territori fino a tre volte superiori di quelli che avrebbero occupato nelle aree di origine materne, soprattutto se devono attraversare aree molto frammentate.
L’Appennino da sempre porta con sé una storia di antropizzazione degli habitat naturali e il Parco rappresenta un vero e proprio mosaico ambientale.
Nonostante la tendenza osservata da parte degli orsi a preferire home range con ambienti naturali, a livello di alcuni orsi, strade e aree urbanizzate possono occupare anche metà del loro territorio. Per un orso, quindi, frequentare zone antropizzate non è così anomalo. Alcuni orsi attraversano regolarmente i paesi, sebbene lo facciano in orari notturni. Questo comportamento può essere esasperato, se ad esempio i giovani e le femmine con piccoli, scelgono di vivere vicino a queste aree per sfuggire ai maschi. In queste condizioni, considerando la presenza di attrattori all’interno dei centri abitati come alberi da frutta, può essere favorita l’insorgenza di orsi che perdono il timore nei confronti dell’uomo e che si abituano a vivere in zone meno selvatiche.
Se ad un orso si offre la possibilità di accedere liberamente ad alberi da frutto non protetti, all’interno di un centro abitato, questo potrebbe scegliere di tornare ad una tale risorsa e perdere via via la naturale diffidenza nei confronti delle persone. È così che nascono gli orsi cosiddetti “confidenti”, i cui movimenti vengono monitorati con radio-collari per prevenire eventuali incidenti.
Tuttavia, l’abitudine degli orsi ad alimentarsi nei pressi delle strade o dei paesi, sia che si tratti di cibi naturali (piante erbacce e insetti), che di risorse associate all’uomo, costituisce potenzialmente un rischio per questa specie e si associa ad elevati livelli di conflittualità con le attività umane (ad esempio danni alla zootecnia, orti e frutteti) e di maggiore rischio di uccisione per gli orsi (ad esempio investimenti o bracconaggio). Non solo, ma su 19 orsi monitorati, più della metà possiede home range che includono ampie porzioni di zone a protezione limitata e maggiormente antropizzate di quelle interne al Parco. D’altra parte solo negli orsi in dispersione o che frequentano zone al di fuori del Parco, il grado di sovrapposizione con aree a rischio, può arrivare anche al 100%, con tutti i pericoli che questo comporta.
All’interno della propria area vitale gli orsi frequentano zone che possono essere ad alto rischio per la propria sopravvivenza, sebbene molto appetibili. Queste aree sono definite trappole ecologiche e caratterizzano gran parte del futuro territorio di potenziale espansione dell’orso appenninico.